Toy Story 3 (Gli occhi di Gerry Scotti) di Lee Unkrich

"Va a laorà, barbù!"
 "Vai a lavorare, barbone!"

I tempi cambiano ma io continuo a preferire i cartoni bidimensionali e a non capire come funzionano le selezioni dei doppiatori in Italia. I tempi cambiano ma i film della Disney riescono sempre a inquietarmi nel profondo, ad angosciarmi. Quando avrò un figlio gli saranno proibiti, li trovo perversi, maligni e paranoici. Toy Story 3 è come tutti gli altri, snocciola una morale subdola e reazionaria (c'è dell'odio in me, ma l'dea che un gruppo di individui sacrifichi il proprio futuro per un credo lo è) vestita da Fabrizio Frizzi (il che è tutto dire). Poi c'è quel tenerone di Gerry (che personalmente avrei visto meglio nella parte di un levatorsolo) nel ruolo del dolce Telefono Chiacchierone e poi ancora mirabolanti avventure ricche d'azione e colpi di scena, un cattivo, centinaia di situazioni esilaranti, un cattivo senza redenzione ed un finale che promette lacrime a fiotti. Nulla di diverso in sostanza dall'osannato (anche da una certa critica impegnata) "Up" e dagli altri dieci, cento, mille.

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