Cella 211 di Daniel Monzón

Sono sempre stato affascinato dalle ambientazioni carcerarie (da Animal Factory a Oz, parlando di roba contemporanea). I personaggi di questi film non hanno nulla da perdere (haha!) e in questi film la legge, le regole e la morale sono talmente distorte che, paradossalmente (e perversamente), lo spettatore può essere colto da un senso di libertà animalesca, come in uno zoo di esseri umani (haha!), e esplorare un lato selvaggio che è parte di tutti noi. (haha!)
In questo senso Cella 211 è un film classico, che vuol dire: tanta violenza (violenza dei detenuti sui detenuti, violenza dei detenuti sulla polizia, violenza della polizia sui detenuti, violenza della polizia sui manifestanti, violenza della polizia su donna incinta...), denuncia sulle condizioni carcerarie disumane, riflessioni  sulla morale dei carcerati, amicizie sul filo del rasoio tra carcerato-e-guardia-che-si-finge-carcerato e altri temi propri del genere (eccetto quello più entuisiasmante da mio punto di vista: il tentativo di fuga) tutti ben approfonditi e, per quanto possibile, privi di qualsivoglia retorica forse anche grazie alla produzione europea. Un film di tutto rispetto, senza picchi o cadute, ottimo per i fan del genere.

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