Poi gli anni passano, i figli crescono e le mamme imbiancano, e ci si trova costretti ad abbandonare le stronzate fantascientifiche (non me ne vogliate) per dedicarsi alle robe per grandi. La bellezza di questi due film, in sostanza, è forse il discorso sull'uomo, sul presente e sul passato (sono costretto a dirlo), sulla speranza e sulla menzogna, e (anche se in realtà quello che ho appena scritto non significa un cazzo) questi elementi sono rintracciabili in molti dei sui classiconi (e non). Ciò che cambia (e non è poco) è proprio la maniera, il metodo con cui i conflitti e le riflessioni (...) prendono vita. A History Of Violence è un film raffinato nel suo complesso estetico, quasi minimalista (rapportato alla fama del torontoniano (che vuol dire abitante di toronto)) ed è la prova finale della maturità artistica (...), la testimonianza del suo estremo spessore, rappresentato (in primo luogo) dalla patina opaca che ricopre tutto il film e che vale quanto mille mutanti così come la piccola cittadina americana mette più ansia di mille grappoli d'uova sotto le ascelle (per non parlare di un delle più belle sequenze finali degli ultimi anni). Il sangue è rosso e i proiettili sono di metallo. Viggo Mortensen vale cento Jude Law (mi dispiace per i fan). Rimane un alone sanguinolento-splash-splash, sopratutto in Eastern Promises (2007) (che purtroppo a me è sembrato un passo indietro rispetto a A History Of Violence (2005)), ma è estremamente funzionale e sopratutto raggiunge picchi visivi, pose durante l'azione che sono degne di un museo d'arte contemporanea (non dico nulla riguardo Francis Bacon perché 'sto post è già troppo paraculo).
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